Spazio Field
Adriano Fida
Dal ciclo delle nature morte a quello mitologico. Fino alle opere più recenti, intime, mature, dai forti connotati simbolici. Una stagione pittorica, quest’ultima, sofferta ma proficua, a conclusione di un viaggio onirico che è oggi testamento artistico di assoluto livello e su cui proprio Sgarbi ha voluto incentrare il suo appassionato ricordo per il Corriere della Sera: «Ha consumato la sua vita mortale Adriano Fida, ma ha lasciato un’opera vasta e compiuta, in un percorso che oggi si può definire iniziatico. Sapeva di avere poco tempo, e ha voluto strappare alla morte una quantità di illuminazioni che oggi dovremmo interpretare […]».
“Presagi” è il riconoscimento alla vita artistica di un assoluto protagonista del genere figurativo, che già nel 2016 Ferdinando Creta, ammirandone la tecnica sublime, aveva definito un “giovane pittore maturo”. «Il suo linguaggio ancestrale, amplificato da una tavolozza ricca, intensa, sostanzia l’armonia del lavoro e induce a riflettere sul rapporto tra uomo e natura, sublimandone la percezione», scrisse nell’introduzione al suo catalogo d’artista.
Quella di Fida è stata una ricerca ossessiva e costante, una irrefrenabile sete di conoscenza accresciuta nel tempo dallo studio personale e dal confronto con stimati colleghi, come Roberto Ferri, Alessandro Sicioldr, Giancluca Sità, e con il suo grande maestro Silvano Gilardi (in arte Abacuc), da cui Fida apprese la tecnica dell’affresco e assorbì quelle note esoteriche e surreali mai celate.
«Ora – come ricordato da Sgarbi – questi dipinti visionari continuano a vivere senza di lui, e indicano un percorso definito, chiuso, di cui soltanto Fida poteva essere consapevole, stabilendo cosa voleva dirci, e che ci ha detto. Oggi, senza di lui, possiamo capirli meglio. Egli ci ha raccontato quello che avrebbe visto, quello che sta vedendo, lasciando memoria dell’aldilà. Adesso ci appare chiaro che tutta la sua opera è stata un presagio».